Quanto costa un investigatore privato? Per investigazioni su assenteismo dipendente? Scopri tariffe e prezzi
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In linea generale la tariffa oraria applicata ad un'investigazione Aziendale o privata, per agente investigativo ha un costo minimo di € 50
Investigazioni Private ed Aziendali , listino prezzi autorizzato, i costi giornalieri e le tariffe orarie applicate per un investigazione privata partono da un minimo di € 50 (per agente, oltre iva e spese. L’Agenzia IDFOX Srl è un'agenzia Leader
Assenteismo Dipendente -Assenteismo sul lavoro – licenziamento giusta causa. Agenzia IDFOX Investigazioni Aziendali dal 1991. Costi, Tariffe, Prezzo
In ambito lavorativo, il termine assenteismo è utilizzato per identificare il comportamento dei dipendenti che si assentano abitualmente, o comunque in modo sistematico.
Quali indizi lascia l'ipotetico assenteista? · Ritardo sistematico sul posto di lavoro · Ricorso continuo a permessi per malattia. Uso continuo di permessi -legge 104.
L'assenteismo sul lavoro si verifica quando i dipendenti si assentano dal lavoro, in modo ripetuto o saltuario, senza giustificato motivo. Questo comportamento può avere diverse cause, tra cui malattia, doppio lavoro, concorrenza sleale, infortunio, impegni personali o semplice mancanza di motivazione. L’assenteismo sul lavoro è un fenomeno che può causare problemi seri per le aziende, sia in termini di produttività che di costi.
Cos’è l’assenteismo sul lavoro?
Danni per l’azienda
Come calcolare l’assenteismo? Come prevenire l’assenteismo in azienda? È possibile licenziare il dipendente assenteista?
Cos’è l’assenteismo sul lavoro?
L’assenteismo sul lavoro si verifica quando i dipendenti si assentano dal lavoro, in modo ripetuto o saltuario, senza giustificato motivo. Questo comportamento può avere diverse cause, tra cui malattia, infortunio, impegni personali o semplice mancanza di motivazione. Conoscere questa condizione è importante per intervenire in modo tempestivo ed evitare che l’atteggiamento di uno o più dipendenti possa danneggiare gravemente l’azienda.
Danni per l’azienda
Abbiamo detto che l’assenteismo dei dipendenti può causare diversi danni alle aziende, tra cui:
Riduzione della produttività: la mancanza di personale può causare ritardi nella produzione, con conseguente perdita di tempo e di opportunità di guadagno.
Aumento dei costi: l’assenteismo dei dipendenti può portare all’aumento dei costi aziendali, ad esempio per il pagamento di straordinari, per recuperare il tempo perso, o di sostituti temporanei.
Problemi organizzativi: le assenze ripetute dal posto di lavoro possono causare problemi organizzativi, con conseguente riduzione dell’efficienza aziendale.
Perdita di morale: i dipendenti assenti possono causare frustrazione tra i colleghi, creando un ambiente di lavoro poco sereno e poco motivante.
L'agenzia IDFOX srl smaschera infedeli da trent'anni. L'aree di indagine spaziano tra infedeltà aziendale, spionaggio industriale, contraffazione di prodotti, assenteismo e periodi di malattia ingiustificati, arrivando a comprendere anche la concorrenza sleale.
L'uso di un'agenzia investigativa è sempre più frequente tra le aziende. A tal proposito è intervenuta anche la Corte di Cassazione, dettando delle linee guida con una prouncia del 1 marzo 2019, stabilendo che le indagini sui lavoratori sono, seppur non sempre, legittime.
La Cassazione ha inoltre sottolineato che le investigazioni private sui dipendenti sono legittime nel momento in cui i comportamenti del lavoratore possono "configurare ipotesi penalmente rilevanti o integrare attività fraudolente", in sintesi quando vengono messe in atto delle condotte che arrecano un danno evidente all'azienda; come nel caso di un dipendente che si allontanava ripetutamente dal luogo di lavoro, durante l'orario di servizio e senza timbrare il badge in uscita. In questa occasione, il lavoratore è stato seguito "in strada" (quindi in luogo pubblico) per verificare il motivo degli spostamenti e, una volta dimostrata la mancanza agli obblighi lavorativi, è stato licenziato per giusta causa.
Il datore di lavoro può far pedinare i dipendenti dai detective di un’agenzia investigativa per vedere dove vanno e cosa fanno durante le ore di permesso? SI, SI. SI!!!!!
Molti datori di lavoro sospettano che i propri dipendenti abusino della fiducia loro concessa, specialmente quando sono in malattia oppure usufruiscono di vari tipi di permessi, orari o giornalieri: da quelli concessi ai sensi della legge 104 per assistere un familiare disabile a quelli spettanti ai rappresentanti sindacali. Così alcune aziende fanno pedinare i lavoratori da un investigatore privato per vedere dove vanno e cosa fanno durante le ore di malattia o di permesso.
Talvolta, il detective scopre che qualcuno approfitta delle “ore libere” come se fossero una pausa ricreativa, o magari le usa per dedicarsi ad attività che non hanno nulla a che vedere con le finalità per cui erano state messe a disposizione, ed anche retribuite. In questi casi, c’è una violazione del patto di fedeltà che lega il dipendente al datore, e anche un danno economico per quest’ultimo: così la sanzione disciplinare è severa e può arrivare fino al licenziamento in tronco. Ma si può licenziare un lavoratore con le prove dell’investigatore privato? Che valore hanno le sue dichiarazioni, le foto che ha scattato, i documenti che ha raccolto, le informazioni che ha acquisito? Il lavoratore licenziato può contestare tutto ciò? Vediamo.
Indice
* 1 Quando si può far pedinare un lavoratore dall’investigatore privato?
* 2 Cosa può fare l’investigatore privato durante i pedinamenti?
* 3 Che valore hanno le prove raccolte dall’investigatore privato ai fini del licenziamento?
* 4 Approfondimenti
Quando si può far pedinare un lavoratore dall’investigatore privato?
I poteri di vigilanza e di controllo del datore di lavoro sull’operato dei propri dipendenti si estendono anche al di fuori dei luoghi di lavoro e degli orari di servizio. La giurisprudenza ammette da anni che è lecito ricorrere ad agenzie investigative private, non solo quando sono state già raccolte evidenti prove di infedeltà compiute dai dipendenti, ma anche quando c’è un semplice sospetto della loro commissione.
L’importante è che lo “spionaggio” del datore di lavoro non si traduca mai in una verifica sull’espletamento delle prestazioni lavorative: la legge [1] vieta l’impiego di guardie giurate o di altro personale di vigilanza, come gli investigatori privati, nei luoghi di lavoro, tranne che per la tutela del patrimonio aziendale. All’esterno, invece, tutto cambia: il datore di lavoro può far sorvegliare e pedinare i dipendenti da detective di sua fiducia (ma non quando il lavoratore è in missione, perché tale periodo è considerato come svolgimento degli incarichi affidati e, pertanto, è equiparato alle normali prestazioni lavorative interne).
In estrema sintesi, non si può spiare ciò che fanno i dipendenti in azienda, ma fuori sì. Di solito, il pedinamento di un lavoratore dall’investigatore privato viene disposto dal datore di lavoro per controllare se quel dipendente è veramente in malattia oppure se sta utilizzando il permesso per le finalità consentite dalla legge e non per altri scopi che non hanno nulla a che fare con ciò.
Cosa può fare l’investigatore privato durante i pedinamenti?
L’investigatore privato durante i pedinamenti dei lavoratori di cui lo ha incaricato il datore di lavoro, può scattare foto e registrare video, purché ciò avvenga in luoghi pubblici o aperti al pubblico (come bar, negozi, cinema e ristoranti) e non in luoghi di privata dimora. Può anche utilizzare strumenti di rilevamento della posizione di persone e autoveicoli (come il localizzatore satellitare Gps), raccogliere informazioni sui luoghi frequentati dalla persona pedinata e redigere annotazioni e relazioni di servizio (dette anche report investigativi) per documentare la propria attività nei confronti di chi gli ha commissionato l’incarico.
In ogni caso, però, il pedinamento non deve essere mai invasivo della libertà personale e dei luoghi privati o risultare molesto, altrimenti costituirebbe reato, come ha affermato in varie occasioni la Corte di Cassazione [2]. In proposito, leggi “Investigazioni: quando il pedinamento è reato“.
Che valore hanno le prove raccolte dall’investigatore privato ai fini del licenziamento?
Una volta chiarito che l‘investigatore privato può controllare un dipendente, purché ciò avvenga alle condizioni ed entro i limiti che abbiamo detto, resta da vedere che valore hanno le prove raccolte dal detective o dall’agenzia investigativa ai fini del licenziamento intimato al lavoratore infedele. In concreto, potrà trattarsi di prove documentali (ad esempio, le fotografie scattate e le localizzazioni Gps) e di testimonianze rese nella causa di lavoro, instaurata con l’opposizione del lavoratore al licenziamento.
La tematica della prova dell’attività investigativa compiuta da un detective privato incaricato dal datore di lavoro è stata affrontata in una recente ordinanza della Cassazione [3], che ha ritenuto legittimo il licenziamento adottato nei confronti di alcuni lavoratori portuali i quali, durante le ore di permesso sindacale loro concesse, in quanto rappresentanti della sicurezza aziendale, avevano svolto attività incompatibili con tale incarico.
L’investigatore privato aveva reso la sua rituale testimonianza nel processo, confermando, nel contraddittorio con i lavoratori licenziati, tutte le circostanze già elencate nel report investigativo che aveva consegnato alla società datrice di lavoro. La relazione scritta e la deposizione testimoniale hanno documentato per filo e per segno tutti i movimenti compiuti da quei dipendenti mentre fruivano dei permessi. Risultava in modo chiaro che costoro avevano utilizzato quelle ore per fini privati: il detective ha attestato davanti al giudice che andavano al passeggio, al bar, a fare shopping e a sbrigare commissioni. Il tutto si era svolto nell’arco di più di tre mesi consecutivi.
I lavoratori licenziati avevano contestato che gli elementi raccolti e descritti dall’investigatore privato non erano «realmente rappresentativi dell’attività espletata dal lavoratore», ma la doglianza non ha convinto i giudici della Suprema Corte: è vero che nel licenziamento disciplinare – detto anche licenziamento per “giusta causa” – la prova del comportamento scorretto del dipendente grava sul datore di lavoro, ma se egli fornisce elementi positivi in tal senso tocca al lavoratore contestare tale ricostruzione e dimostrare che le ore di permesso erano state fruite per le attività accordate dalla legge e non per altri scopi.
Approfondimenti
* Investigatore privato sul dipendente;
* Licenziamento: posso ricorrere all’investigatore privato?;
note
[1] Art. 2 L. n. 300/1970 (Statuto dei lavoratori).
[2] Cass. sent. n. 18117/2014, n. 43439/2010 e n. 5855/2001.
[3] Cass. ord. n. 17287 del 27.05.2022.
Visita fiscale, ultime dalla Cassazione
Impedimento alla visita fiscale di controllo, carattere della sanzione per assenza alla visita: le ultime dalla Cassazione in materia di visite fiscali
* Impedimento alla visita fiscale di controllo
* Assenza visita fiscale, la sanzione non ha carattere disciplinare
* Accertamenti infermità per malattia del lavoratore
* Assenza ingiustificata dal domicilio: non rileva il dolo
* Assenza giustificata alla visita fiscale
* Assenza visita fiscale e condotta del lavoratore
Impedimento alla visita fiscale di controllo
È legittimo il rigetto dell'istanza di rinvio dell'udienza dinanzi al Tribunale di sorveglianza per legittimo impedimento a comparire presentata dal condannato e documentata da un certificato medico, qualora l'indicazione nell'istanza della reperibilità del medesimo in un luogo diverso da quello in cui egli effettivamente si trovi abbia impedito l'esecuzione della visita fiscale di controllo. (Sez. 1, n. 26762 del 16/07/2020, Torres, Rv. 279784).
Cassazione, sentenza n. 35715 del 29/09/2021
Assenza visita fiscale, la sanzione non ha carattere disciplinare
La questione oggetto di giudizio non riguarda una sanzione disciplinare, ovverosia una prestazione imposta a titolo punitivo dal datore di lavoro, ma il regime delle obbligazioni al verificarsi di una malattia, allorquando risulti l'allontanamento del lavoratore negli orari di reperibilità utili allo svolgimento della c.d. visita fiscale. Ciò è reso evidente non solo dal richiamo nel provvedimento della norma di condotta del C.C.N.L. di pertinenza, chiaramente destinata a regolare i comportamenti obbligatori dovuti nell'ambito del rapporto di R. G. n. 22760/2015 lavoro (art. 21, co. 13, del citato CCNL secondo cui «qualora il dipendente debba allontanarsi, durante le fasce di reperibilità, dall'indirizzo comunicato, per visite mediche, prestazioni o accertamenti specialistici o per altri giustificati motivi, che devono essere, a richiesta, documentati, è tenuto a darne preventiva comunicazione all'amministrazione»), quanto piuttosto dalla norma sulla cui base la P.A. ha agito con atto da essa stessa definito di "gestione" del personale (art. 5, co. 14 d.l. 463/1983 conv. con mod. in L. 638/1983, secondo cui «qualora il lavoratore, pubblico o privato, risulti assente alla visita di controllo senza giustificato motivo, decade dal diritto a qualsiasi trattamento economico per l'intero periodo sino a dieci giorni e nella misura della metà per l'ulteriore periodo, esclusi quelli di ricovero ospedaliero o già accertati da precedente visita di controllo»), da cui si desume come quella prevista sia una mera conseguenza obbligatoria, espressamente regolata dalla legge, destinata ad operare all'interno del rapporto previdenziale e quindi dell'I.N.P.S., quando sia tale ente, come nel lavoro privato, ad erogare il trattamento, oppure nei riguardi del datore di lavoro quando, come è nel pubblico impiego, sia quest'ultimo a corrispondere quanto dovuto, ai sensi di legge (ora art. 71 d.l. 112/2008, conv. con mod. in L. 133/2008) o di contrattazione collettiva.
Cassazione, sentenza n. 33180 del 10/112021
Accertamenti infermità per malattia del lavoratore
In tema di licenziamento per giusta causa, la disposizione di cui all'art. 5 St. lav. che vieta al datore di svolgere accertamenti sulle infermità per malattia o infortunio del lavoratore dipendente o lo autorizza a effettuare il controllo delle assenze per infermità solo attraverso i servizi ispettivi degli istituti previdenziali competenti, non preclude al datore medesimo di procedere, al di fuori delle verifiche di tipo sanitario, ad accertamenti di circostanze di fatto atte a dimostrare l'insussistenza della malattia o la non idoneità di quest'ultima a determinare uno stato di incapacità lavorativa rilevante e, quindi, a giustificarne l'assenza (Cass. n. 25162 del 2014; Cass. n. 11697 del 2020; Cass. n. 6236 del 2001). E' insito in tale giurisprudenza, invero, il riconoscimento della facoltà del datore di lavoro di prendere conoscenza di siffatti comportamenti del lavoratore che, pur estranei allo svolgimento di attività lavorativa, sono rilevanti sotto il profilo del corretto adempimento delle obbligazioni derivanti.
Cassazione, sentenza n. 30547 del 28/102021
Assenza ingiustificata dal domicilio: non rileva il dolo
L'ingiustificata assenza del lavoratore alla visita di controllo — per la quale l'art. 5, comma quattordicesimo, del DL. 12 settembre 1983 n. 463 (convertito nella legge n. 638 del 1983) prevede la decadenza (in varia misura) del lavoratore medesimo dal diritto al trattamento economico di malattia — non coincide necessariamente con la materiale assenza di quest'ultimo dal domicilio nelle fasce orarie predeterminate, potendo essere integrata da qualsiasi condotta dello stesso lavoratore, pur presente in casa, che sia valsa ad impedire l'esecuzione del controllo sanitario per incuria, negligenza o altro motivo non apprezzabile sul piano giuridico e sociale. La prova dell'osservanza di tale dovere di diligenza incombe sul lavoratore (v., ex plurimis, Cass. 22 maggio 1999 n. 5000).
Né ha rilievo che la mancata visita avvenga senza dolo da parte dell'interessato, perché ciò che è sanzionato è il fatto obiettivo in sé, indipendente dall'intenzione in concreto del lavoratore (Cass. 30 luglio 1993 n. 8484).
Cassazione, sentenza n. 4233 del 23.11.2021
Assenza giustificata alla visita fiscale
Il giustificato motivo di esonero del lavoratore in stato di malattia dall'obbligo di reperibilità a visita domiciliare di controllo non ricorre solo nelle ipotesi di forza maggiore, ma corrisponde ad ogni fatto che, alla stregua del giudizio medio e della comune esperienza, può rendere plausibile l'allontanamento del lavoratore dal proprio domicilio, senza potersi peraltro ravvisare in qualsiasi motivo di convenienza od opportunità, dovendo pur sempre consistere in un'improvvisa e cogente situazione di necessità che renda indifferibile la presenza del lavoratore in luogo diverso dal proprio domicilio durante le fasce orarie di reperibilità".
Cassazione, ordinanza n. 24492 dell'1/10/2019
Assenza visita fiscale e condotta del lavoratore
L'ingiustificata assenza del lavoratore alla visita di controllo - per la quale l'art. 5, comma quattordicesimo, del D.L. 12 settembre 1983 n. 463, convertito, con modifiche, nella legge 11 novembre 1983 n. 638, - prevede la decadenza (in varia misura) del lavoratore medesimo dal diritto al trattamento economico dì malattia - non coincide necessariamente con l'assenza del lavoratore dalla propria abitazione, potendo essere integrata da qualsiasi condotta dello stesso lavoratore - pur presente in casa - che sia valsa ad impedire l'esecuzione del controllo sanitario per incuria, negligenza o altro motivo non apprezzabile sul piano giuridico e sociale. La prova dell'osservanza del dovere di diligenza incombe al lavoratore (cfr. Cass., 18 novembre 1991 n. 12534; 23 marzo 1994 n. 2816; 14 maggio 1997 n. 4216, Cass. 22 maggio 1999, n. 5000).
Cassazione, sentenza n. 19668 del 22/07/2019
CASS. PEN., SEZ. II, SENTENZA N. 16814/2019 DEL 26.02.2019
SENTENZA 8373/2018 - ASSENTEISMO
Secondo l'orientamento indicato nel provvedimento in commento, è legittimo il licenziamento basato sull'esito di un'attività investigativa.
Nella fattispecie, la Corte d'Appello di Roma aveva confermato la pronuncia del 2014 emessa dal Tribunale di Roma, con la quale era stata respinta la domanda proposta al fine di ottenere l'accertamento dell'illegittimità del licenziamento intimato al lavoratore nel 2011 e il suo annullamento, con conseguente reintegrazione nel posto di lavoro e condanna della società al risarcimento del danno, in misura pari alle mensilità di retribuzione maturate dalla data del ricorso fino alla data di riammissione in servizio. A fondamento del decisum la Corte territoriale ha rilevato che:
1) la contestazione disciplinare, intervenuta dopo 45 giorni, era tempestiva avendo riguardo alla data della effettiva e certa conoscenza dei fatti, al periodo feriale intercorso e alla complessità della organizzazione aziendale;
2) la sanzione irrogata era proporzionata rispetto ai fatti contestati;
3) riguardo alla problematica sulla illegittimità dei controlli svolti dalla agenzia investigativa, in violazione degli artt. 2, 3, e 4 legge n. 300/1970, si trattava di una questione nuova perché prospettata per la prima volta in appello e, comunque, infondata perché l'attività investigativa era finalizzata non all'accertamento delle modalità di adempimento dell'obbligazione lavorativa, bensì alla verifica se il dipendente si fosse assentato, senza giustificato motivo o permesso dal luogo di lavoro.
Avverso la sentenza della Corte di Appello di Roma il lavoratore ha proposto ricorso, affidandolo a sette motivi, tutti ritenuti inammissibili o infondati. Ne consegue che il ricorso è stato rigettato. Sui punti controversi la Suprema Corte precisa che l'attività svolta dal lavoratore ricorrente si svolgeva non solo nei locali dell'azienda, ma anche esternamente e che era tenuto al rispetto dell'orario di lavoro di 37 ore settimanali e che doveva attestare la propria presenza al lavoro con un'unica timbratura giornaliera del badge, effettuabile nell'arco della giornata, abitualmente all'uscita del lavoro.
Orbene, la disposizione dell'art. 2 dello Statuto dei lavoratori, nel limitare la sfera di intervento di persone preposte dal datore di lavoro a tutela del patrimonio aziendale, non precludono a quest'ultimo di ricorrere ad agenzie investigative, purché queste:
- non sconfinino nella vigilanza dell'attività lavorativa vera e propria riservata dall'art. 3 dello Statuto direttamente al datore di lavoro e ai suoi collaboratori;
- giustifichino l'intervento in questione non solo per l'avvenuta prospettazione di illeciti e per l'esigenza di verificarne il contenuto, ma anche in ragione del solo sospetto o della mera ipotesi che detti illeciti siano in corso di esecuzione (cfr. Corte di Cassazione, 14.2.2011 n. 3590);
- inoltre, il suddetto intervento deve limitarsi agli atti illeciti del lavoratore non riconducibili al mero adempimento dell'obbligazione (Corte di Cassazione, 7.6.2003 n. 9167). Le garanzie degli artt. 2 e 3 citati operano, infatti, esclusivamente con riferimento all'esecuzione della attività lavorativa in senso stretto, non estendendosi, invece, agli eventuali comportamenti illeciti commessi dal lavoratore in occasione dello svolgimento della prestazione che possono essere liberamente accertati dal personale di vigilanza o da terzi.
Deve, pertanto, ritenersi corretto il riferimento dei giudici di seconde cure al fatto che, nel caso in esame, il controllo non era diretto a verificare le modalità di adempimento dell'obbligazione lavorativa, bensì le cause dell'assenza del dipendente dal luogo di lavoro, concernenti appunto il mancato svolgimento dell'attività lavorativa da compiersi anche all'esterno della struttura aziendale. La ritenuta liceità del controllo rende, altresì, prive di fondamento le doglianze sulla violazione degli artt. 2104 e 2106 c.c. perché il potere dell'imprenditore di controllare direttamente o indirettamente l'adempimento delle prestazioni lavorative, nei limiti sopra evidenziati, non è escluso dalle modalità di controllo che può legittimamente avvenire anche occultamente, senza che vi ostino né il principio di correttezza e buona fede nell'esecuzione dei rapporti, né il divieto di cui all'art. 4 della Legge n. 300/1970 riferito esclusivamente all'uso di apparecchiature per il controllo a distanza (cfr. Corte di Cassazione, 10.7.2009 n. 16196).
CASS. CIV., SEZ. LAVORO, SENTENZA N. 8373/2018 DEL 04.04.2018
SENTENZA 4670/2019 - INDEBITO UTILIZZO LEGGE 104
Secondo l'orientamento indicato nel provvedimento in commento, è legittimo il licenziamento attuato a causa della scoperta di una condotta contra ius del dipendente, accertata in seguito ad un controllo effettuato da un'agenzia di investigazioni private.
Nel caso di specie, il datore di lavoro aveva licenziato il proprio dipendente, poiché quest'ultimo utilizzava indebitamente dei permessi, rilasciatigli al fine di prestare assistenza a un proprio familiare.
Il dipendente, abusando di tali permessi, era stato avvistato dall'investigatore privato incaricato mentre svolgeva attività d'interesse personale (per la maggior parte presso esercizi commerciali).
Sia il Tribunale, sia la Corte d'Appello, ritenevano la condotta del dipendente così grave da legittimare la massima sanzione espulsiva.
In particolare, la Corte, sosteneva che un datore di lavoro fosse del tutto legittimato a incaricare un investigatore per svolgere un'attività di controllo nei confronti di un proprio dipendente, laddove tale controllo esulasse da qualsivoglia adempimento della prestazione.
A tal proposito, ai sensi degli articoli 2 e 3 dello statuto dei lavoratori, è fatto divieto al datore di lavoro di incaricare personale autorizzato a effettuare vigilanza sull'attività lavorativa, tuttavia non gli è precluso di esercitare taluni poteri di controllo investigativo al di fuori dell'ambito strettamente lavorativo, col fine di accertarsi che non vengano poste in essere condotte fraudolente, ovvero penalmente rilevanti (vedi Cass. n. 22196 e 15094 del 2018).
L'investigatore incaricato dal datore di lavoro deve limitarsi a documentare gli atti illeciti del lavoratore che non siano però riconducibili al mero inadempimento dell'obbligazione alla quale il medesimo è tenuto contrattualmente ad adempiere(vedi anche Cass. n. 9167 del 2003).
In conclusione, se nell'esercizio di tale attività investigativa, il dipendente è colto mentre svolge qualsivoglia tipo di attività che implichi il venir meno dell'obbligo di fedeltà, nonché di correttezza e buona fede, così come sancito dall'articolo 2105 c.c., il datore di lavoro è legittimato a licenziarlo.
CASS. CIV., SEZ. LAVORO, SENTENZA N. 15094/2018 DEL 11.6.2018
Legge 104: permessi e agevolazioni, i colleghi possono fare la spia.
L'abuso dei permessi e delle agevolazioni garantite dalla Legge 104 è passibile di denuncia, essendo un reato perseguibile dalla legge. I permessi garantiti tramite la legge 104, sono infatti assicurati al lavoratore per garantire attività di assistenza al familiare disabile.
Chi usufruisce di un permesso 104, in pratica, ha diritto ad assentarsi dal lavoro per accudire il parente disabile. Tale assenza viene retribuita. Andare in vacanza o in gita, invece di svolgere quegli adempimenti per i quali si è chiesto il permesso, è un reato penale; si tratta a tutti gli effetti di una truffa ai danni dello Stato e del datore di lavoro, che può optare per il licenziamento per giusta causa del soggetto.
CHI SIAMO:
Il titolare dell’agenzia IDFOX SRL, Max Maiellaro, ha oltre 30 anni di esperienze investigative maturate nella Polizia di Stato e già diretto collaboratore del Conte Corrado AGUSTA, ex Presidente dell’omonimo Gruppo AGUSTA SpA; è stato inoltre responsabile dei servizi di sicurezza di varie multinazionali operanti in svariati settori.
Con l'agenzia IDFOX si occupa principalmente di illeciti civili e penali, connessi a: infedeltà aziendale, marchi e brevetti, concorrenza sleale, proprietà intellettuale, violazione del patto di non concorrenza, tutela delle persone e della famiglia. L'agenzia investigativa fornisce inoltre servizi di consulenza a multinazionali e studi legali sul territorio Italiano, Europeo e internazionale.
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